Il sonno REM seleziona e mantiene sinapsi in corso di sviluppo e apprendimento

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 28 gennaio 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’importanza del sonno per lo sviluppo e la fisiologia del sistema nervoso centrale è nota da tempo e, anche se talvolta si legge che la funzione del sonno è sconosciuta perché molto c’è ancora da definire in termini di meccanismi, alcune acquisizioni, come ad esempio il ruolo del sonno nel consolidamento e nella selezione delle memorie, hanno avuto innumerevoli verifiche. Così si può riconoscere una solida base sperimentale alla teoria, sostenuta da Giulio Tononi e condivisa da molti ricercatori, secondo cui nel sonno si determina un riequilibrio sinaptico aggiornato alle esperienze della veglia, che rimodella memoria e cognizione in funzione dell’adattamento attuale.

Un filone di ricerca particolarmente interessante sta esplorando i rapporti fra l’esperienza del sogno, che ha un tradizionale correlato nella fase del sonno caratterizzata dai rapidi movimenti oculari (REM), e i processi cellulari che hanno luogo nei neuroni cerebrali.

Un nuovo studio di Wei Li e colleghi ha esaminato il modo in cui il sonno REM agisce sulle sinapsi nella corteccia cerebrale del topo, dimostrando che questa fase fisiologica è fondamentale per lo sviluppo del cervello, per l’apprendimento ed il consolidamento della memoria mediante un’eliminazione selettiva di spine dendritiche costituenti strutture post-sinaptiche e mantenendo le nuove sinapsi formate mediante meccanismi dendritici dipendenti dai picchi di Ca2+.

(Wei Li, et al. REM sleep selectively prunes and maintains new synapses in development and learning. Nature Neuroscience - Epub ahead of print doi:10.1038/nn.4479, 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: Skirball Institute, Department of Neuroscience and Physiology, Department of Anesthesiology, New York University School of Medicine, New York (USA); Drug Discovery Center, Key Laboratory of Chemical Genomics, Peking University Shenzhen Graduate School, Shenzhen (China).

Il sonno interessa tutte le funzioni del nostro organismo, dalla regolazione dei livelli ormonali al tono muscolare, dalla regolazione della frequenza respiratoria ai processi implicati nella genesi dei contenuti dei nostri pensieri. Non meraviglia, per tale spettro d’influenza, che l’attività elettrica complessiva del cervello abbia una sua specifica e diversa configurazione quando si dorme: un differente assetto funzionale del cervello, cui corrisponde un particolare setting di tutto il corpo. Durante la veglia, come è noto, l’elettroencefalogramma (EEG) presenta un’attività rapida di alta frequenza con un voltaggio relativamente basso, che riflette una corteccia cerebrale impegnata nella percezione e nella cognizione. Rilassandosi e chiudendo gli occhi si possono generare onde α, specialmente al di sopra della corteccia visiva, configurando un ritmo α (9-13 c/sec.)[1] che deriva da un’attività ritmica relativamente sincrona delle reti corticali sottostanti. Per descrivere il sonno quantitativamente e ripartirlo in fasi, i ricercatori impiegano ordinariamente tre misure facili da registrare, affidabili e dotate di potere discriminativo: l’EEG, l’elettroculogramma (EOG) e l’elettromiogramma (EMG). Sulla base di queste misure, il sonno è tradizionalmente ripartito in 5 fasi: le prime quattro dette Non-REM (NREM) e la quinta costituita dalla fase REM (rapid eye movement).

La fase del sonno caratterizzata dal rapido movimento degli occhi (REM) fu scoperta da Eugene Aserinsky e Nathaniel Kleitman nel 1953, durante il primo studio di registrazione dell’EEG e dell’EOG in persone adulte addormentate, che rivelò un cambiamento di attività elettrica con un aumento di frequenza e riduzione di ampiezza simile al correlato di attivazione della veglia. Tale attività si ripeteva approssimativamente 4-5 volte per notte e si accompagnava a rapide oscillazioni dei globi oculari: un rilievo così particolare e distintivo da essere stato impiegato per definire questo tipo di sonno (REM) e distinguerlo per opposizione da quello delle altre fasi (NREM). Le persone risvegliate durante il sonno REM, in una proporzione che varia dall’80% al 95%, riferiscono l’esperienza, interrotta dal risveglio, di un sogno vivido. Il ciclo del sonno è costituito dalla successione delle fasi NREM 1-4, seguite dalla sequenza inversa e da un breve periodo di sonno REM. Col procedere della notte, la profondità del sonno NREM diminuisce e la durata del sonno REM aumenta. Per effetto di questa configurazione funzionale e in conseguenza della necessità di svegliarsi per portare alla coscienza quanto si è sognato, i sogni del mattino sono quelli ricordati più di frequente.

Negli adulti la fase REM occupa approssimativamente il 25% del tempo del sonno. Studi recenti sui sogni e sui loro contenuti hanno fornito risultati sorprendenti, talvolta in contrasto con convinzioni culturalmente radicate. Ad esempio, molti ritengono che i sogni siano occasionali, fugaci esperienze dai contenuti bizzarri o emotivi che si sviluppano in tempi brevi, occupando, quando presenti, una piccola parte della fase REM. È stato invece accertato che sogni specifici ricorrono con regolare e prevedibile periodicità, spesso in collegamento con evocatori della vita quotidiana e sviluppati nel corso di tutta la fase REM. Molto interessante è anche la temporizzazione dei sogni: la misura del tempo degli eventi che si esperiscono ha rivelato una durata simile a quella della vita reale. Anche la nozione classica dei sogni legati esclusivamente al periodo REM è venuta a cadere già da un po’ di tempo: anche nel sonno profondo si verificano episodi di sogno. Sono state tuttavia riconosciute delle differenze caratteristiche.

I sogni REM sono generalmente lunghi, primariamente visivi, con più o meno evidenti contenuti affettivi e senza un’evidente connessione con fatti ed eventi verificatisi nella veglia. I sogni NREM sono più brevi, meno visivi, più concettuali e direttamente legati ad aspetti concreti ed attuali della vita vissuta. L’esperienza più astratta, simile al pensiero della veglia, può occupare fino al 50% del sonno NREM[2].

Gli autori del lavoro sperimentale qui recensito hanno studiato la corteccia motoria di topo durante lo sviluppo e in corso di apprendimento motorio, verificando l’influenza della fase REM del sonno sulle sinapsi dei neuroni piramidali del V strato corticale.

Sia in corso di sviluppo sia durante l’apprendimento motorio, il sonno REM determinava la “potatura” delle spine dendritiche post-sinaptiche neoformate. Questa selettiva eliminazione di spine neoformate da parte della fisiologia REM facilitava la formazione di nuove spine nel corso dello sviluppo e durante l’apprendimento di un nuovo compito motorio. Tale osservazione indica un ruolo della fase del sonno che nell’uomo è caratterizzata dalla produzione di sogni vividi, in un processo di eliminazione selettiva finalizzato a bilanciare il numero delle nuove spine dendritiche formate nel tempo.

L’osservazione ha poi evidenziato che il sonno REM rinforza e mantiene le spine neoformate, che risultano di importanza cruciale per lo sviluppo dei circuiti neurali e per il miglioramento comportamentale dopo l’apprendimento motorio.

I ricercatori hanno poi dimostrato che i picchi di Ca2+ dei dendriti, che si verificano durante il sonno REM, sono importanti sia per la selezione mediante eliminazione delle spine dendritiche, sia per il rinforzo delle nuove spine.

Insieme, questi risultati indicano che il sonno REM è funzionalmente poliedrico nello sviluppo dell’encefalo, nell’apprendimento e nel consolidamento della memoria, mediante l’eliminazione selettiva e il mantenimento delle sinapsi neoformate, via meccanismi dendritici dipendenti dai picchi di Ca2+.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-28 gennaio 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Nelle stime del passato, il range del ritmo alfa era 8-12, ma già da tempo si ritiene che questa frequenza sia in realtà un sub-alfa.

[2] Alcuni ricercatori (v. David McCormick e Gary L. Westbrook in Kandel, Schwartz, Jessel, etc., Principles of  Neural Science, p. 1144, 5th edition, 2013) hanno paragonato il sogno REM al “contenuto latente” del sogno secondo Freud e il sogno NREM al “contenuto manifesto” secondo il padre della psicoanalisi. L’accostamento è improprio, perché le definizioni freudiane si riferiscono al paradigma interpretativo psicoanalitico (lo zweideutig, il doppio senso dell’inconscio) di uno stesso sogno: secondo Freud ogni sogno presenta un contenuto manifesto, spesso riportabile facilmente ad esperienze reali recenti, ed un contenuto latente che contiene dei significati non emergenti alla coscienza e rappresentati in chiave simbolica.